13 NOVEMBRE 2017
Spese mediche e veterinarie fanno capo allo scontrino parlante. Nella
recente Risoluzione 24/E del 27 febbraio 2017, l’Agenzia delle Entrate, in risposta
a un paio di quesiti sulla detraibilità degli oneri sostenuti per le cure degli
animali da compagnia, ha detto chiaramente che lo scontrino parlante – se si
parla appunto di spese per farmaci veterinari – è l’unico documento che
realmente serve. Detto questo, che sia uno scontrino emesso per un farmaco
destinato a un animale piuttosto che a un umano, la sostanza non cambia, nel
senso che lo scontrino è sempre lo stesso: dovrà cioè “riportare, oltre al
codice fiscale del soggetto destinatario, anche la natura e la quantità dei
medicinali acquistati. In particolare, per quanto concerne la natura di
farmaco, questa è attestata dal codice di autorizzazione in commercio del
farmaco stesso”. La cosa che invece cambia rispetto alle normali spese mediche è
la possibilità di portare in detrazione l’onere anche senza aver conservato la
prescrizione medica: “Per le spese sostenute per l'acquisto di farmaci
veterinari – scrive appunto l’Agenzia – non è più necessaria la prescrizione
medica ma solamente lo scontrino parlante”.
Non conta nemmeno dove si è effettuato l’acquisto. “Non rileva –
prosegue la Risoluzione – il luogo dove sono stati acquistati detti medicinali;
infatti, i farmaci certificati da scontrino parlante sono detraibili anche se
venduti da strutture diverse dalle farmacie, purché a ciò autorizzate dal
ministero della salute (come per la vendita di farmaci generici nei
supermercati)”. In sostanza, sta dicendo l’amministrazione, il farmaco è
farmaco, a prescindere da chi lo vende. Quanto ai farmaci in sé, è bene ricordare
che non tutto quello che si acquista (e che si crede possa rientrare nel raggio
della detrazione) sarà poi detraibile. A questo proposito la Risoluzione delle
Entrate chiama in causa i tanto discussi integratori alimentari, per i quali,
sia nel caso degli umani che nel caso degli animali (per questi ultimi si parla
in genere di “mangimi”), la detrazione non sarà mai applicabile, visto che la
legge non considera gli integratori/mangimi – anche se assunti per finalità
terapeutiche o di benessere fisico – dei medicinali veri e propri, essendo
questi “prodotti appartenenti all'area alimentare”. Quindi, a meno di non
modificare la normativa e di renderla più malleabile, gli integratori o mangimi
non potranno mai essere ammessi in detrazione.
Al di là, poi, di queste indicazioni specifiche, la Risoluzione traccia
anche un sunto sulla detraibilità in genere delle spese veterinarie. Con quelle
mediche, anche le veterinarie condividono la franchigia “in entrata” dei 129,11
euro, ma a differenza delle prime hanno un tetto limite che blocca il beneficio
al di sopra dei 387,34 euro. In sostanza si può detrarre il 19% della quota di
spesa eventualmente superiore a 129 euro, restando però nei limiti dei 387 (soglia in vigore ad oggi che in futuro potrebbe anche innalzarsi o abbassarsi). Una
spesa annua, cioè, di 128 euro non sarebbe detraibile proprio perché inferiore
alla franchigia, come anche non sarebbe detraibile tutto ciò che eccede i 387
euro in una spesa ad esempio di 500. Oltretutto, altro aspetto di non poco
conto, considerando che sono molte le famiglie con più di un animale domestico,
la soglia di spesa massima pari a 387 euro (tolta ovviamente la franchigia) è
cumulativa, e non specifica per ogni singolo animale. In sostanza, a
prescindere dalla quantità degli animali presenti, la detrazione resta sempre
calcolabile entro quei valori numerici che abbiamo detto. Di conseguenza, quello
che al massimo potrà essere detratto sarà un importo di 49 euro, ovvero il 19%
di 258,23 euro, quota di spesa eccedente la franchigia di 129 euro, ma non
superiore al tetto dei 387.
Vediamo ora con precisione di quali spese si parla. La possibilità di
portarle in detrazione, scrive l’Agenzia, “è limitata alle sole spese
veterinarie sostenute per la cura di animali legalmente detenuti a scopo di
compagnia o per la pratica sportiva, mentre non sono detraibili le spese per la
cura di animali destinati all'allevamento, alla riproduzione o al consumo
alimentare e di animali di qualunque specie allevati o detenuti nell'esercizio
di attività commerciali o agricole, né in relazione ad animali utilizzati per
attività illecite”. Nello specifico, quindi, sono ammesse “le prestazioni professionali
rese dal veterinario, l'acquisto di medicinali veterinari prescritti dal
veterinario e le spese per analisi di laboratorio e interventi presso cliniche
veterinarie. In particolare (…) si ritiene che, con riferimento alla
detraibilità delle spese sostenute per medicinali veterinari non sia più
necessario conservare la prescrizione del medico veterinario, ma sia
sufficiente lo scontrino parlante”.
Luca Napolitano