26 MAGGIO 2023
Il rider che utilizza il proprio mezzo per effettuare le consegne non deve dichiarare ai fini Irpef il rimborso corrisposto dall’azienda. È quanto precisato dall’Agenzia delle Entrate nella risposta 290 dell’11 aprile 2023. Il tema di strettissima attualità emerge dall’interpello posto all’Agenzia da una società attiva nel settore del food delivery, il cui modello organizzativo prevede l'assunzione di rider con contratto di lavoro subordinato. Nello specifico, il quesito riguarda appunto l’aspetto delle consegne effettuate dal rider – con il proprio mezzo di trasporto – su richiesta del datore di lavoro. Tale rapporto contrattuale prevede che la società, a copertura integrale e forfetaria dei costi sostenuti, versi al dipendente un’indennità a titolo di “rimborso chilometrico”, determinata su criteri oggettivi e sulla rilevazione dei dati riguardanti il tipo di veicolo utilizzato.
Ad esempio, nel caso dei ciclomotori, il dato di riferimento è il valore medio dei rimborsi chilometrici rilevabile dalle tabelle Aci; invece per le biciclette e le ebike si guarda allo stesso valore medio, ma rideterminato in proporzione rispetto al costo dei veicoli. È chiaro infine come questa modalità rappresenti per l’azienda (che infatti lo specifica nell’interpello) un evidente risparmio rispetto ai costi che dovrebbe sostenere assegnando ai rider dei veicoli propri. Quindi in buona sostanza, la società chiede conferma all’amministrazione finanziaria del fatto che i rimborsi in questione non concorrano a formare reddito di lavoro dipendente per i lavoratori, e che di conseguenza non debbano essere assoggettati alle ordinarie ritenute fiscali, previdenziali e assistenziali.
La risposta dell’Agenzia è affermativa. A dispetto infatti di quanto viene sancito dall’articolo 51 del Tuir, in base al quale costituiscono reddito “tutte le somme e i valori che il dipendente percepisce nel periodo d'imposta (…) in relazione al rapporto di lavoro”, è pur vero che tale principio di “onnicomprensività” ha comunque dei limiti e delle eccezioni, come ad esempio nel caso di quelle spese che solo per esigenze operative vengono anticipate dal dipendente, ma che di fatto restano di competenza del datore di lavoro (Circolare n. 326/1997). Per fare un esempio banale, anche gli acquisti di semplici beni strumentali come la carta per la fotocopiatrice o le pile per la calcolatrice rientrano in questa categoria di somme che chiaramente non possono essere annoverate alla macro-area dell’imponibilità dei redditi da lavoro. Altro esempio sono i rimborsi delle trasferte per alberghi e viaggi.
Tornando così al discorso dei rider, la risoluzione n. 74/2017 ha chiarito che nel caso in cui “il criterio di determinazione dell’ammontare delle spese rimborsate non sia stato definito dal legislatore, i costi devono essere individuati sulla base di elementi oggettivi e accertabili al fine di evitare che il relativo rimborso concorra alla determinazione del reddito di lavoro dipendente”. In questo caso, quindi, il rimborso chilometrico corrisposto al dipendente che mette a disposizione il suo mezzo personale (requisito indispensabile ai fini dell'assunzione), va ad aggiungersi alla normale retribuzione oraria, e tale rimborso, come già accennavamo, “è determinato automaticamente in base al percorso calcolato tramite servizi di mappatura” e non è soggetto a contribuzione previdenziale.
Ecco perché, in via definitiva, l’Agenzia ritiene che il “rimborso chilometrico erogato ai rider che utilizzano il mezzo proprio anziché quello aziendale può essere considerato riferibile a costi sostenuti nell'interesse esclusivo del datore di lavoro e, quindi, non imponibile, ai fini Irpef, come reddito di lavoro dipendente in capo ai beneficiari”. Si tratta in buona sostanza di un costo “pagato” dal dipendente per poter lavorare, senza il quale l’attività non potrebbe essere svolta, e che l’azienda è tenuta quindi a restituire senza che tale corresponsione implichi un arricchimento del dipendente, ma appunto un rimborso in piena regola che in quanto tale non può essere imponibile.
(Fonte: Fiscooggi.it)