Regime “impatriati” non precluso agli ex neo-residenti
24 LUGLIO 2024
Se già si è beneficiato del cosiddetto regime per i neo-residenti, questo non esclude comunque la possibilità di usufruire in seguito anche di quello per gli impatriati, ed eventualmente di prorogarlo per il secondo quinquennio. È il tema su cui si è soffermata l’Agenzia delle Entrate nella risposta 159 del 22 luglio, nella quale si esamina il caso di un contribuente rientrato in Italia nel 2019 (dopo aver lavorato per 10 anni negli Stati Uniti), il quale ha usufruito nel triennio 2019-2021 del regime per i neo-residenti, e poi, nel biennio successivo 2022-2023, del regime speciale per i lavoratori impatriati. Il contribuente nell’interpello ha dunque chiesto se, visto il passaggio nel 2022 da un regime fiscale all’altro, potrà fruire della proroga quinquennale riconosciuta agli impatriati dal decreto Crescita 34/2019. La risposta dell’AdE è stata dunque positiva. I due regimi infatti, pur restando alternativi e non cumulabili, non escludono in ogni caso la possibilità di essere applicati se già uno dei due è stato applicato in precedenza.
Quanto al regime per i neo-residenti, questo è disciplinato dall’articolo 24-bis del Tuir e si riferisce ai soggetti che rientrano in Italia dopo almeno nove anni trascorsi all’estero avendo maturato un’elevata capacità reddituale. È chiaro che la ratio risiede nel voler attrarre e incentivare al rientro i “grandi contribuenti” che hanno accumulato all’estero capitali considerevoli. Il regime prevede quindi il pagamento, sui redditi prodotti all’estero, di un’imposta forfettaria pari a 100.000 euro in riferimento a ciascun periodo d’imposta in cui prosegue l’opzione, cioè in buona sostanza una flat tax permanente fin quando il contribuente voglia mantenere attiva l’applicazione del regime. Applicazione che dunque può essere revocata in qualunque momento, fermo restando che la revoca non permetterebbe a quel punto il rientro del contribuente nel regime opzionale (non rinnovabile). E la revoca è stata appunto la scelta dell’interpellante, che poi infatti ha preferito “trasbordare” nell’altro regime sostitutivo, quello per gli impatriati.
Quest’ultimo, a differenza del regime per i neo-residenti, non procede ad libitum; prevede infatti, nella migliore delle ipotesi, una durata complessiva di 10 anni, cioè 5+5, di cui i secondi cinque vincolati a determinati requisiti. L’impatriato è dunque un lavoratore che trasferisce la residenza in Italia, e che più esattamente:
- non è stato residente in Italia nei due periodi d’imposta precedenti al trasferimento;
- si impegna a risiedere in Italia per almeno due anni;
- porta avanti un’attività lavorativa che viene svolta prevalentemente nel territorio italiano.
Sulla base allora di questi presupposti, al contribuente viene assicurato, nei primi 5 anni in cui la residenza viene stabilita in Italia, un trattamento fiscale molto conveniente, che prevede l’imponibilità ai fini IRPEF soltanto sul 30% del reddito da lavoro dipendente o autonomo complessivamente prodotto in Italia, oppure solo sul 10% dello stesso reddito qualora la residenza venga trasferita in una delle seguenti regioni: Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna, Sicilia. Poi, eventualmente, lo stesso regime è prorogabile nei successivi 5 anni a condizione di versare, nel momento in cui viene esercitata l’opzione di proroga, il 10 o 5 per cento del reddito da lavoro prodotto nel periodo d'imposta precedente all’opzione. Più precisamente, a seconda che si rientri in una delle seguenti casistiche, il lavoratore dovrà versare:
- il 10% del reddito se ha almeno un figlio minorenne, anche in affido, o ha acquistato/acquisterà un’abitazione in Italia nei dodici mesi precedenti l’opzione di proroga o entro diciotto mesi dall’esercizio dell’opzione stessa;
- il 5% del reddito se ha almeno tre figli e ha acquistato un’abitazione in Italia.
Ora, tornando al caso dell’interpellante, pur restando esclusivi e non cumulabili fra loro, come dicevamo, i due regimi fiscali descritti, è comunque possibile esercitare l'opzione per il regime sui neo-residenti, revocarla e poi fruire del regime sugli impatriati, ed eventualmente allungarlo per ulteriori cinque anni. Di conseguenza, considerato che l’istante nel 2019 avrebbe comunque posseduto i requisiti per applicare il regime sugli impatriati, scelto poi nel 2022, e che sempre nel 2022 ha acquistato un immobile di tipo residenziale, potrà fruire dell’agevolazione impatriati per l’ulteriore quinquennio, nonostante nel 2019 abbia voluto opzionare il regime sui neo-residenti.
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