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Parisi, CAF ACLI: fisco a misura di quoziente familiare

 
20 MARZO 2023

“Non può esserci riforma senza quoziente familiare”. È uno dei principali appunti mossi dal presidente nazionale CAF ACLI Stefano Parisi nell’intervista rilasciata all’Agenzia SIR sul disegno di Legge-delega che ha dato il via al lungo iter legislativo della riforma tributaria (ne abbiamo scritto qui). “Il fisco – ha spiegato Parisi – dovrebbe essere ritagliato su misura in base alla condizione oggettiva della famiglia. È indispensabile partire dalla sua composizione. Noi l’abbiamo chiamato ‘quoziente familiare’, la cosa importante è che ci sia un’attenzione alla condizione di alcune famiglie che – pur avendo un reddito all’apparenza più che dignitoso – in questo momento si stanno avvicinando alla soglia di povertà”.

Riforma fisco: serve introduzione Quoziente familiare

Per il presidente CAF ACLI, l’obiettivo che si prefigge la delega “di abbassare il numero delle aliquote e la pressione fiscale” è abbastanza vago: “può voler dire tutto e niente”. Quanto al discorso sul quoziente familiare, grande assente nell’impianto della delega, avrebbe in realtà dovuto essere uno dei capisaldi su cui basare la riforma: “Per noi sono tre le priorità che il Governo dovrebbe darsi. La prima è che non può esserci una riforma fiscale e tributaria se non si tiene conto del quoziente familiare. Sono anni che noi ci battiamo per la sua applicazione, che nulla centra con l’Isee che, riteniamo, sia ormai uno strumento superato e che dev’essere aggiornato. Il quoziente familiare dev’essere la base della riforma fiscale mentre finora non è mai stato preso in considerazione per l’erogazione dei bonus. Serve un’attenzione particolare alla composizione del nucleo familiare e poi del reddito pro-capite per evitare, ad esempio, che il capofamiglia di un nucleo monoreddito con 5 componenti paghi più imposte rispetto al single. Se vogliamo un fisco equo e giusto l’applicazione del quoziente familiare è la prima condizione”.

Riforma fisco: flat tax non sia applicata a tutti

Altro nervo scoperto che suscita perplessità e critiche è ovviamente la flat tax, di cui la legge delega preannuncia un’introduzione all’indomani di una fase transitoria con un IRPEF che passerà – molto probabilmente già nel 2024 – dalle attuali quattro aliquote a tre aliquote. La tassa piatta rappresenta però quanto di più antitetico possa esserci rispetto a un fisco ispirato a un principio di equità e commisurazione: “È importante – spiega Parisi – avere un’attenzione particolare nel ritagliare un fisco su misura. Per questo la flat tax ci convince poco, perché significa essere tutti uguali, cosa che purtroppo non siamo, non tanto per le condizioni soggettive ma per quelle oggettive che vive ogni famiglia. Non è da escludere che in alcuni casi una tassa piatta possa funzionare, purché non diventi un sistema per fare parti uguali tra disuguali”.

È quindi necessario impostare “un fisco su misura, ritagliato a seconda delle situazioni, che ovviamente non possono essere troppe anche per non complicare la vita al cittadino, d’altronde però vanno comunque individuate certe casistiche da tutelare che hanno bisogno di attenzioni particolari; la flat tax, ribadisco, potrebbe anche essere un aiuto, ma di sicuro non può rappresentare un sistema applicato alla totalità dei contribuenti, anche perché sparirebbe il principio di progressività sancito dalla Costituzione”.

Riforma fisco: giusto sfoltire tax expenditures ma senza creare svantaggi

IRPEF e flat tax chiamano infine un terzo aspetto, quello delle tax expenditures, ovvero tutto il “ginepraio” di crediti, detrazioni e deduzioni che la Legge-delega vorrebbe seriamente sfoltire: “Visto l’esponenziale livello di complicazione che ha raggiunto oggi il meccanismo dichiarativo rispetto agli albori del 730, è chiaro che una semplificazione la troviamo indispensabile; l’importante però è che non sia a discapito di alcuni ceti e a favore di altri, per cui ad esempio bisogna fare molta attenzione a non ripetere quanto è già avvenuto con l’erogazione dell’Assegno Unico che per alcune fasce di reddito è stato addirittura peggiorativo”.
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