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Niente più ritenuta del 20% sui bonifici dall'estero

 
24 FEBBRAIO 2014

Neanche è entrato in vigore e l’obbligo di ritenuta “all’ingresso” nella misura del 20% sui bonifici bancari provenienti da investimenti all’estero e attività di natura finanziaria fa marcia indietro. Lo stop è arrivato la settimana scorsa da un provvedimento dell’Agenzia delle Entrate (il 2014/24663), il quale, a sua volta, ha recepito una disposizione del Ministero dell’Economia che ha sospeso fino al 1° luglio 2014 l’applicazione delle suddette ritenute da parte degli istituti bancari italiani. La ragione, detta in breve, è molto semplice: la norma, per stessa ammissione del ministero, è da ritenersi “superata”, vista le recente “evoluzione del contesto internazionale in materia di contrasto all’evasione fiscale cross-border (cioè attraverso i confini, ndr)”. Quindi, sulle somme trasferite dall’estero in Italia nessun centesimo verrà trattenuto da qui a fino al 30 di giugno, mentre “gli acconti eventualmente già trattenuti dagli intermediari finanziari saranno rimessi a disposizione dei contribuenti dagli intermediari stessi”. Sulla questione la parola passa adesso al nuovo Governo Renzi, visto che i quattro mesi di “congelamento” fino al prossimo 1° luglio dovranno servire a sfornare un provvedimento ad hoc che abolisca definitivamente l’obbligo di ritenuta.

Per ricostruire la vicenda bisogna rifarsi alla legge 97/2013 approvata il 6 agosto 2013. In particolare l’articolo 9 andava a modificare il Dl 167/1990 (articolo 4, comma 2) disponendo, come hanno spiegato le Entrate nel provvedimento 2013/151663 dello scorso 18 dicembre, che “i redditi derivanti dagli investimenti detenuti all’estero e dalle attività estere di natura finanziaria sono in ogni caso assoggettati a ritenuta o ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, secondo le norme vigenti, dagli intermediari residenti che intervengono nella riscossione dei relativi flussi finanziari e dei redditi, oltre che nei casi in cui detti investimenti ed attività siano ad essi affidati in custodia, amministrazione o gestione”. Oltretutto, sempre l’articolo 9 della legge 97/2013, ha introdotto “una ritenuta alla fonte, a titolo d’acconto, del 20 per cento sui redditi di capitale e redditi diversi derivanti da investimenti all’estero e da attività estere di natura finanziaria, che concorrono a formare il reddito complessivo del contribuente”. Si parla in pratica di particolari tipologie di reddito da non confondere, ad esempio, con le semplici somme inviate ai genitori dai figli residenti fuori dall’Italia, o magari con gli importi accreditati per le borse di studio all’estero o coi rimborsi spese percepiti dai lavoratori in trasferta da parte dei committenti stranieri. La ritenuta era dunque prevista:

  • sugli interessi e sugli altri proventi, dovuti da soggetti non residenti, derivanti da contratti di mutuo, deposito e conto corrente, diversi da quelli bancari, di cui all’articolo 44, comma 1, lettera a), del TUIR;
  • sugli importi delle rendite perpetue e sulle prestazioni annue perpetue di cui agli articoli 1861 e 1869 del codice civile il cui debitore sia un soggetto non residente;
  • sui compensi erogati da soggetti non residenti per prestazioni di fideiussione o di altra garanzia;
  • su tutti gli interessi e sugli altri proventi derivanti da altri rapporti aventi per oggetto l’impiego del capitale;
  • sulle plusvalenze derivanti dalla cessione di immobili situati all’estero;
  • sulle plusvalenze realizzate a seguito della cessione a titolo oneroso di terreni detenuti all’estero suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo le disposizioni vigenti in materia nel Paese in cui è situato il terreno al momento della cessione;
  • sui redditi derivanti dalla locazione di immobili situati all’estero;
  • sui redditi esteri di natura fondiaria, compresi quelli dei terreni dati in affitto pur usi non agricoli;
  • sui redditi derivanti dalla concessione in usufrutto e dalla sublocazione di beni immobili situati all’estero, dall’affitto, locazione, noleggio o concessione in uso di veicoli, macchine e altri beni mobili detenuti all’estero, dall’affitto e dalla concessione in usufrutto di aziende aventi sede all’estero;
  • sulle plusvalenze realizzate mediante la cessione di partecipazioni qualificate in società non residenti e fattispecie assimilate.

In pratica, secondo quanto disposto dalla legge 97/2013, le banche italiane o qualunque altro intermediario finanziario presso il quale sarebbe stata effettuata la movimentazione in denaro proveniente dall’estero, avrebbero dovuto provvedere ad effettuare la ritenuta pari al 20% della somma, per poi girarla all’Erario “entro il 16° giorno del mese successivo a quello di effettuazione del prelievo”. Solo per le ritenute applicate tra il 1° febbraio e il 30 giugno 2014 era stato predisposto un timing provvisorio che permetteva a banche e intermediari di mettere da parte tutte gli importi prelevati, per poi versarli tutti in una volta entro il 16 luglio 2014. Un dettaglio importante riguardava inoltre l’effettiva applicazione della ritenuta che, specificavano le Entrate, “va effettuata in ogni caso, indipendentemente da un incarico alla riscossione, a meno che il contribuente non attesti, mediante un’autocertificazione resa in forma libera, che i flussi non costituiscono redditi di capitale o redditi diversi derivanti da investimenti all’estero o da attività estere di natura finanziaria”. Tradotto in termini pratici, qualunque versamento dall’estero sarebbe stato suscettibile di prelievo, salvo nei casi in cui il contribuente non si fosse premunito autocertificando il diritto di esenzione per la sua specifica tipologia di reddito, in quanto non rientrante nella lista dei “redditi di capitale e redditi diversi” soggetti a ritenuta.

Questo, dunque, è l’apparato di regole che le ultime disposizioni dell’Economia e il conseguente provvedimento 2014/24663 delle Entrate hanno sospeso fino al prossimo 1° luglio. Spiegava il ministero nel suo comunicato del 19 febbraio che “la disposizione che ha previsto l’obbligo, per gli intermediari residenti, di applicare la ritenuta del 20 percento sui redditi derivanti da investimenti esteri e dalle attività estere di natura finanziaria, è stata originariamente predisposta, nel corso dell’anno 2012, nel quadro delle iniziative di risposta alla richiesta di informazioni della Commissione Europea relative alla non proporzionalità degli adempimenti e delle sanzioni in materia di monitoraggio fiscale, rispetto agli obiettivi di contrasto all’evasione perseguiti dall’Italia”. Il problema però, come si accennava in apertura, è che la “forte accelerazione” subita nel frattempo dal “contesto internazionale in materia di contrasto all’evasione fiscale cross-border attraverso la creazione di un modello di accordo intergovernativo per lo scambio di informazioni tra gli USA e gli altri Paesi”, ha reso l’obbligo della ritenuta un adempimento di fatto “superato”, non solo perché in contrasto coi principi di libera circolazione dei capitali ma anche perché costellato da diverse “difficoltà applicative riscontrate da intermediari e contribuenti”.

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