03 NOVEMBRE 2023
È notizia di questi giorni che la manovra finanziaria, attualmente approdata in Commissione Bilancio al Senato, dovrebbe portare in serbo per il 2024 – se la misura fosse confermata – l’aumento della maggiore aliquota di cedolare secca dall’attuale 21 al possibile 26 per cento. La cosa sta facendo entrare abbastanza in fibrillazione l’ambiente dei privati che mettono in locazione le loro case, di solito seconde o terze dimore possedute in aggiunta all’abitazione principale, che verrebbero perciò penalizzate dal rincaro inserito nel ddl Bilancio. Detto questo, però, è necessario spiegare i confini precisi di questa nuova cedolare che si profila all’orizzonte, visto che lo sbalzo di prelievo non riguarderebbe tutti i locatori.
Cedolare secca 2024 al 26%: per quali immobili?
Cominciamo anzitutto col dire che la seconda aliquota di cedolare, quella minore del 10% applicata sulle locazioni a canone concordato nei comuni con carenze abitative o in quelli ad alta tensione abitativa, rimarrà tale, non subirà alcun rialzo. Passiamo allora all’aliquota “madre”. L’aumento dal 21 al 26 per cento riguarderà, secondo quanto previsto dal testo in commissione al Senato, soltanto gli affitti brevi delle seconde, terze e quarte case. Per affitti “brevi” si intendono quelli non superiori a 30 giorni, che in linea di massima hanno finalità turistiche, o sono comunque legati a esigenze provvisorie, e riguardano appunto gli immobili “in più”, cioè diversi dall’abitazione, che i possessori mettono a reddito nei mesi estivi, invernali, o anche durante tutto l’arco dell’anno se ubicate in capoluoghi, città d’arte, oppure in centri di particolare richiamo a seguito di eventi tradizionali che vi si svolgono (si veda l’esempio di questi giorni del Lucca Comics).
Cedolare secca 2024: come funziona sugli affitti brevi
Quindi in pratica, se la riforma della cedolare fosse confermata, i locatori che nel 2024 si trovassero ad affittare per un massimo di 30 giorni la loro abitazione principale pagherebbero sempre il 21% di aliquota in sostituzione dell’Irpef e delle altre imposte ordinarie (registro e bollo); se poi, in aggiunta all’affitto della prima abitazione, affittassero anche l’eventuale seconda, terza e quarta casa, su questi tre ulteriori affitti non pagherebbero più il 21, ma il 26 per cento di cedolare (con cinque o più case in affitto, invece, la cedolare decadrebbe comunque perché a quel punto verrebbe considerata un’attività d’impresa, non agevolabile con un’imposta a forfait).
Cedolare secca 2024: nessun rincaro su 4+4 e 3+2
Questa, in definitiva, l’area di “competenza” in cui si muoverebbe l’aliquota rincarata. Non ne verrebbero dunque toccati i classici affitti lunghi del 4+4 in mercato libero, e tantomeno (come si accennava all’inizio) gli affitti concordati del 3+2 con aliquota al 10%. In altre parole, se nel 2024 i possessori di seconde, terze e quarte case le mettessero in affitto con una formula lunga, 4+4 o 3+2, pagherebbero la stessa cedolare di sempre: 21%. La ragione della norma va forse rintracciata in una chiave penalizzante nei confronti degli affitti per così dire “futili”, turistici appunto, o comunque non legati a una reale esigenza abitativa di lungo corso proprio in ragione della loro brevità.
Luca Napolitano