10 FEBBRAIO 2017
Ai fini dell’Isee, non tutti gli intestatari del contratto d’affitto stipulato sulla casa di abitazione devono essere indicati nella Dsu se non fanno parte del nucleo familiare. Nelle faq dell’Inps relative all’indicatore economico scaturito dalla riforma, vengono menzionati alcuni esempi di nuclei familiari che vivono in affitto anziché in un immobile di proprietà. Come prevede il Dpcm 159/2013, se il nucleo familiare risiede in un’abitazione locata, dal reddito lordo del nucleo andrà sottratto “il valore del canone per un ammontare massimo di 7.000 euro, incrementato di 500 euro per ogni figlio convivente successivo al secondo”.
Ci si domanda allora come gestire l’inserimento del canone di locazione quando la situazione del nucleo presenta delle variabili “dubbie” che potrebbero indurre all’errore. Cominciamo appunto da una casistica abbastanza diffusa: un contratto di locazione intestato (totalmente o parzialmente) a persone non presenti nel nucleo familiare. Si immagini un nucleo composto da moglie, marito e due figli. Il contratto è intestato pro-quota al marito e a suo padre, quest’ultimo non facente parte del nucleo. Cosa fare? Inserire il canone totale come da contratto, oppure il solo canone rapportato al numero degli intestatari che di fatto sono presenti nel nucleo? L’Inps chiarisce che in presenza di un contratto d’affitto intestato (anche) a soggetti non presenti nel nucleo familiare, andrà indicata soltanto la quota di canone rapportata ai titolari che ne fanno parte. È ovvio, quindi, che se tutti i cointestatari del contratto facessero parte del nucleo, l’importo da indicare sarebbe il totale del canone riferito all’abitazione.
Altro dubbio: quale importo va indicato, il canone complessivo o quello annuo? E ancora: il mancato versamento del canone impedisce la sua indicazione in Dsu? Andiamo con ordine. Naturalmente per “canone” si intende quello pattuito annualmente; di conseguenza, se il contratto dovesse avere una durata pluriennale non andrebbe inserito l’importo complessivo derivante dalla somma delle diverse annualità, ma quello previsto in una sola annualità; se invece la durata del contratto fosse inferiore all’anno andrebbe ovviamente indicato l’importo totale che coinciderebbe appunto con quello annuo. Oltretutto l’indicazione del canone annuo, e di conseguenza la possibilità di dedurlo dal reddito del nucleo, non sono vincolate all’effettivo versamento del canone stesso. In altri termini, il canone va indicato a prescindere dalla necessità di verificarne il pagamento. Cosa accadrebbe, inoltre, se al momento della Dsu il contratto dovesse risultare intestato a un soggetto deceduto non facente parte del nucleo? In tal caso, pur essendo necessaria una voltura, non sarebbe comunque preclusa la possibilità di indicare nel Quadro B della Dsu il vecchio intestatario e con esso l’ammontare del contratto.
Possiamo in ultimo segnalare due faq riguardanti gli inquilini che vivono in alloggi popolari. Nel caso infatti, pur “in assenza del protocollo del numero di assegnazione”, sia stato assegnato un alloggio popolare sul quale l’inquilino versa regolarmente un canone di locazione, nel Quadro B potranno essere indicati gli estremi di registrazione del contratto indicando una qualunque data nell’anno di sottoscrizione e la sigla ND (non disponibile) per le voci della “Serie”, del “Codice Ufficio” e del “Numero”. Viceversa non potranno indicare il canone, e quindi non potranno dedurlo dal reddito del nucleo, gli occupanti censiti ma privi dell’assegnazione dell’alloggio.
Luca Napolitano