25 NOVEMBRE 2013
Nell’attesa di sapere cosa ne sarà del saldo Imu sulle prime case, molti Comuni hanno pensato bene di rincarare la dose rispetto al 2012. Gli aumenti del tributo sul possesso immobiliare deliberati fino ad oggi (ma per l’ultima parola c’è tempo fino al 30 novembre) riguardano infatti tutte le tipologie di fabbricati, dalle abitazioni principali alle seconde case: vuote, affittate o in comodato d’uso. Eppure, in quest’atmosfera di rincaro generale, c’è anche qualche sindaco “virtuoso” che ha abbassato le pretese rispetto allo scorso anno, ma si tratta comunque di casi isolati. Tale, quindi, è la situazione che emerge dal monitoraggio effettuato dal Caf Acli sulle delibere Imu approvate dai Comuni italiani in vista del saldo del 16 dicembre, al quale quest’oggi, 25 novembre, il Sole 24 Ore ha riservato la prima pagina dell’edizione “del Lunedì”, informando che “tra le promesse, le chiacchiere e le mille incertezze dell'Imu, un punto fermo c'è già: i proprietari di quasi 30 milioni di immobili dovranno sicuramente pagare il saldo dell'imposta municipale. E lo faranno con aliquote ancora più alte dell'anno scorso”. “Nei capoluoghi di Provincia – prosegue il servizio a cura di Cristiano Dell'Oste e Giovanni Parente – l'aliquota ordinaria è arrivata all'1% di media, con gli ultimi rincari deliberati nelle scorse settimane da 17 Comuni. In pratica, il prelievo ordinario è al massimo in una città su due. Ma non è solo una questione di capoluoghi. Il monitoraggio del Caf Acli sulle delibere di oltre 1.900 Comuni italiani mostra un aumento della tassazione rispetto al 2012 su tutti i tipi di fabbricati residenziali: seconde case, abitazioni affittate a canone libero, alloggi sfitti da più di due anni e pertinenze non assimilate alle prima casa (ad esempio, il secondo box auto)”.
Facciamo qualche esempio concreto. Sulle prime case, per le quali si attende l’approvazione del decreto che abolirà il saldo, sono stati comunque deliberati dei rincari, e in alcuni casi anche consistenti: è quanto avvenuto ad Asti, Brescia, Milano, Frosinone, Cosenza, Vibo Valentia, dove i sindaci hanno gonfiato al massimo la vecchia aliquota, portandola dal 4 per mille del 2012 al 6 per mille del 2013. Ci sono poi altri Comuni, quali Benevento o Napoli, dove il rincaro si è verificato ma è stato un più contenuto: dal 5 a 6 per mille. E la bilancia, come accennato, si è appesantita anche per gli immobili diversi dalle prime case. A Biella, ad esempio, l’aliquota del 9,6 per mille del 2012 è passata al 10,4 per mille su tutti i “secondi” fabbricati presi in considerazione: case sfitte, locate a canone libero, e in comodato d’uso. Ci sono poi altri due casi indicativi come Trieste e Matera, che hanno innalzato le aliquote del 9,7 e 7,6 per mille fissate nel 2012 rispettivamente al 10,6 e 9,6 per mille.
“Sicuramente – ha commentato al Sole Michele Mariotto, amministratore delegato del Caf Acli – la pressione sui bilanci dei Comuni è stata molto forte, ma questi rincari sono anche una conseguenza dei provvedimenti che impediscono agli enti locali di programmare le proprie entrate con un anticipo adeguato”. Oltretutto l’incertezza sulle delibere (che per inciso potranno essere pubblicate fino al 9 dicembre) penalizza non poco lo stesso lavoro dei Caf: “Il reperimento delle delibere comunali – ha aggiunto infatti Mariotto – è la parte più complessa del lavoro e in alcuni casi dobbiamo andare di persona in municipio a recuperare i testi. Ma dobbiamo anche posticipare agli ultimi giorni utili per la consegna di tutti i modelli di pagamento ai contribuenti: altrimenti rischiamo di non essere aggiornati rispetto alle ultime modifiche”.
Sull’esenzione dal saldo, quindi, bisogna ancora aspettare. Il Governo, infatti, avrebbe dovuto approvare già la settimana scorsa il decreto con il “no” definitivo al pagamento, ma per una questione di quadratura finanziaria non ancora ultimata il provvedimento è stato fatto slittare a questa settimana. Come già spiegato da myCAF nei giorni scorsi, la fetta principale della copertura con la quale andrà compensato il mancato gettito della seconda rata, proverrà dal maxi-rialzo al 128 e 127 per cento degli acconti Ires e Irap dovuti da banche e assicurazioni. Questo però, secondo i calcoli apparsi in questi giorni, dovrebbe essere sufficiente a raccogliere soltanto una parte dei rimborsi destinati ai Comuni, mentre resterebbero “fuori” sia i 347 milioni di euro dell’ulteriore esenzione per gli immobili agricoli (terreni e fabbricati), sui quali il ministro Nunzia De Girolamo aveva puntato i piedi minacciando le dimissioni, sia il mezzo miliardo di maggior gettito rispetto al 2012 risultante dall’innalzamento delle aliquote di quest’anno.
Che fare dunque? In sostanza il rischio concreto è quello di non poter trovare una copertura abbastanza ampia da contenere tutto il gettito d’imposta calcolato sui prelievi del 2013, in base ai quali i Comuni stanno chiudendo in questi giorni i loro bilanci. Ecco perché dalle bozze provvisorie del decreto “azzera-Imu”, è spuntata la soluzione “beffa” che farebbe pagare direttamente ai contribuenti l’eventuale differenza di gettito fra il 2012 e il 2013, cosicché i rimborsi dello Stato ai Comuni verrebbero calcolati sui livelli di prelievo fermi al 2012. Questo, in pratica, comporterebbe per molti un aggravio del versamento rispetto allo scorso anno, il che avrebbe del paradossale nell’anno della cancellazione dell’imposta. Ovviamente non c’è ancora nulla di certo, anche perché, nel caso non fossero trovate tutte le risorse, una soluzione alternativa permetterebbe al Governo di posticipare al 2014 i rimborsi non pagati ai Comuni, mantenendo comunque invariati i bilanci del 2013.