26 MARZO 2012
L'Italia nel 2012 è destinata ad avere la pressione fiscale reale più alta al mondo. E' quanto emerge dallo studio Le prospettive economiche dell'Italia a breve-medio termine presentato dalla Confcommercio durante la 13esima edizione del Forum di Cernobbio, svoltasi il 23 e 24 marzo nella località comasca. Gli onesti, insomma, saranno chiamati a pagare più tasse che in qualunque altro paese, anche per effetto dei recenti rincari fiscali adottati dal Governo nella manovra "salva-Italia". Rincari, d'altronde, che il premier Mario Monti, presente all'appuntamento di Cernobbio, ha giustificato come inevitabili di fronte all'emergenza finanziaria che l'Esecutivo era stato chiamato a fronteggiare: “Abbiamo dovuto aumentarle, non potevamo fare diversamente”. Così, a distanza di pochi giorni dalla denuncia di Luigi Giampaolino, presidente della Corte dei conti, l'indagine della Confcommercio torna a riproporre l’analisi di un fenomeno destinato ad assumere nell’anno in corso percentuali senza eguali al mondo.
QUINTI IN EUROPA – “Nel 2012 – spiega la Confcommercio – si raggiungono quindi tre record: quello del più rapido incremento della pressione fiscale apparente nella storia repubblicana, quello di raggiungere il massimo storico assoluto in termini di pressione medesima (45,2%) e, infine, quello di raggiungere il massimo mondiale in termini di pressione fiscale legale (cioè effettiva sui contribuenti in regola)". In effetti, una pressione fiscale ufficiale al 45,2% da noi non si era mai vista, come anche fa impressione, sottolinea lo studio, l’impennata che dal 2007 (eravamo al 43%) ha fatto balzare l’Italia dal settimo al quinto posto in Europa. Cinque anni fa avevamo davanti il sestetto Danimarca (49,8%), Svezia (47,8%), Belgio (45,9%), Francia (45,2%), Austria (43,2%) e Finlandia (43,1%), mentre adesso, scavalcando Austria e Finlandia, ci posizioniamo dietro Danimarca, Francia, Svezia e Belgio. Ma il dato interessante è che tre di questi quattro stati, nel frattempo (ad esclusione della Francia), sono riusciti ad abbassare la loro pressione fiscale, e nel caso di Danimarca e Svezia questo è avvenuto in maniera sensibile, rispettivamente di 2,4 e 2 punti percentuali. La Francia, al contrario, ha visto un rialzo praticamente di un punto.
PRESSIONE REALE – Ma la vera spada di Damocle con cui fare i conti è la pressione reale, quel dato, cioè, che misura quanto il prelievo fiscale pesa effettivamente sul portafoglio di chi paga le tasse. È questo, afferma la Confcommercio, il dato per cui l’Italia non teme confronti: un 55% che vale il primato mondiale, non considerando, nel rapporto con le entrate fiscali, quella quota sommersa di Pil che non produce gettito. In parole povere esiste uno scompenso fortissimo fra la ricchezza prodotta, che in gran parte rimane evasa, e quanto i normali contribuenti “scuciono” ogni anno come spesa tributaria.
ASSENZA DI CRESCITA – Il problema è che un tale sforzo economico da parte degli onesti non sembra nemmeno “ricompensato” da prospettive esaltanti di crescita. “Fra crescita e tassazione – ha scritto ieri, 25 marzo, Piero Ostellino sul Corriere della Sera – c' è un rapporto inversamente proporzionale. Tanto maggiore è la percentuale del Pil rappresentata dalla pubblica amministrazione, tanto minori sono le possibilità di crescita del Paese. Se il burocrate ‘pesa’ sul Pil più dell'imprenditore o del risparmiatore non si cresce. Per rendersene conto è sufficiente comparare l'andamento del Pil degli ultimi anni, costantemente in calo, e quello della fiscalità, costantemente in aumento. Né vale, a giustificazione degli aumenti fiscali fatti dall'attuale governo, lo stato di emergenza dovuto alla crisi dei debiti sovrani”. Eppure, una sorta di giustificazione è proprio quella che ha cercato il premier Monti intervenendo al Forum della Confcommercio a Cernobbio. “In passato – ha detto Monti – sono state ascoltate troppo le categorie perché la politica cercava consensi a tutti i costi”, mentre adesso è doveroso “rimediare ai mali fatti nei decenni”. Monti, in sostanza, rivendica per sé e per il proprio Esecutivo una funzione terapeutica rispetto ai danni commessi dalle passate classi dirigenti, tanto da giudicare inevitabile la decisione di alzare le tasse: “Non potevamo fare diversamente”.
ADDIZIONALI – E visto che siamo in tema di aumenti, già domani, 27 del mese, sarà tempo di addizionali trattenute dalla busta paga. Con il rialzo dello 0,33% sulle regionali disposto dalla manovra “salva-Italia”, chi guadagna 1.200 euro al mese subirà un prelievo maggiorato di 51 euro, che diventeranno 137 sugli stipendi da 3.200 euro. Pagheranno invece 73 euro i contribuenti con 1.700 euro di stipendio e 94 euro quelli che con una busta paga mensile di 2.200 euro”. Sulle aliquote comunali, invece, nulla è ancora certo. La manovra di Ferragosto firmata Berlusconi-Tremonti ha infatti riconosciuto ai Comuni la possibilità di deliberare, a partire dal 2012, aumenti alle addizionali fino a raggiungere la soglia massima dello 0,8%. Ora, nei casi in cui l’aumento sia stato già stato deliberato, il conto arriverà nelle buste paga di domani 27 marzo, altrimenti scatterà successivamente, considerando che i sindaci avranno tempo fino al 30 giugno per apportare variazioni sui prelievi.