04 DICEMBRE 2017
Il bonus ristrutturazioni è come quei classici che non tramontano mai.
Ogni manovra finanziaria di fine anno lo proroga puntualmente per i 12
mesi successivi, mantenendolo ormai stabile sulla percentuale del 50%.
In realtà la detrazione era nata (nel lontano 1997) sotto la stella del
più esiguo 36%, poi innalzato all’attuale 50% dal giugno 2012. Da allora
tale maggiorazione è rimasta in pianta stabile, sebbene il fantasma del
possibile ritorno alla formula originaria torni ad aleggiare ogni
qualvolta si tratta di mettere in cantiere la manovra. Ma a conti fatti,
da sei anni a questa parte, l’esito è sempre lo stesso: il 50% ce lo
portiamo dietro per tutto un altro anno.
Un copione quindi già
scritto, che è tornato a ripetersi anche con quest’ultima Legge di
Bilancio 2018, fresca di approvazione del Senato (l'iter dovrebbe completarsi poco prima di Natale con l'ok della Camera e l'eventuale secondo ok del Senato, se la Camera dovesse introdurre delle modifiche al testo inviatole da Palazzo Madama). Del resto come avrebbe potuto
essere altrimenti? Sforbiciare un bonus su cui tutti gli italiani fanno
ormai regolare affidamento, fosse anche per installare un banale
antifurto, sarebbe politicamente azzardato. E così, dal 1° gennaio 2018,
prenderemo nuovamente a orientarci sotto le “stelle” fisse del bonus
50% come lo abbiamo conosciuto sinora. Il numero dei contribuenti che ne
fanno richiesta nel 730 va salendo di anno in anno, confermando così
quel trend di popolarità e gradimento che lo lega a doppio filo col tema
della sua “intoccabilità” politica. Specie, poi, da quando il governo
Letta lo abbinò all’altrettanto famoso Bonus Mobili, che garantisce un
ulteriore sconto fiscale derivante dall’acquisto di arredi ed
elettrodomestici destinati agli appartamenti (abitativi) soggetti a
ristrutturazioni o manutenzioni straordinarie.
Le casistiche per
cui applicare il 50% sono infinite: dai bagni rifatti all’impiantistica
rinnovata, dall’abbattimento di porte e pareti alla sostituzione degli
infissi, dai tetti che perdono all’installazione di allarmi. Come mai
tanto successo? Fondamentalmente il bonus ristrutturazioni, a differenza
del più complesso 65% (applicato agli interventi di risparmio
energetico), viaggia su un meccanismo abbastanza semplice e lineare, che
non richiede grosse trafile, né documentali né burocratiche. Andando al
succo, tutto si regge grossomodo su una fattura e su un bonifico.
È pur vero, però, che in alcuni casi bisogna anche tutelarsi con le
comunicazioni di inizio attività al Comune o con delle certificazioni
tecniche che dimostrino la natura straordinaria dell’intervento
effettuato, ma in questo senso ci addentriamo già nel campo delle
“variabili”, visto che i lavori sono molteplici e non tutti hanno
bisogno di essere comunicati o “approvati”, senza contare, inoltre, che
ogni Comune ha un regolamento a sé, in base al quale per un dato lavoro
potrebbe essere necessaria una segnalazione che altrove, forse, non
verrebbe richiesta. Di conseguenza, su questo singolo aspetto è bene
informarsi presso qualche professionista di fiducia oppure agli uffici
preposti del Comune.
Passiamo alle istruzioni per l’uso. Dal
punto di vista applicativo, la prima cosa da tenere a mente è la soglia
di spesa soggetta a detrazione, vale a dire 96.000 euro per singola
abitazione (col 36% era fissata a 48.000). Questo significa che laddove
fossero eseguiti più interventi nello stesso anno, o ci fosse magari un
solo intervento non ultimato nell’arco dei 12 mesi, la soglia detraibile
rimarrebbe comunque a 96.000 euro; se invece sulla stessa abitazione
fossero eseguiti due interventi autonomi in due annualità differenti, la
soglia massima sarebbe applicata ripetutamente di anno in anno, cioè in
pratica 96.000 per il primo e 96.000 per il secondo. Fra l’altro,
l’elenco delle spese detraibili non si ferma all’acquisto dei beni e
alla manodopera, ma comprende anche altre voci quali ad esempio gli
oneri di urbanizzazione o i compensi professionali corrisposti a chi
svolge, dirige o progetta i lavori. Ipotizzando allora di aver
effettuato, nel complesso, una spesa pari a 50.000 euro, il bonus di cui
si andrà a godere sarà di 25.000 euro (cioè il 50% della spesa),
dilazionato comunque in 10 rate annuali di pari importo.
Tirando
le somme, ogni anno, fino al decimo, l’Irpef verrà decurtata di 2.500
euro. Sul piano invece della documentazione, fatture e bonifici
costituiscono le prove “regine” per attestare non solo la spesa
sostenuta, ma anche i soggetti destinatari del beneficio fiscale. È
dunque fondamentale che sulla fattura siano riportati i nominativi delle
persone cui si andrà ad applicare la detrazione (possessori di
immobili, familiari conviventi, inquilini, comodatari, usufruttuari,
ecc.), e la stessa cosa andrà fatta col bonifico, sul quale bisognerà
indicare il loro codice fiscale, oltre alla causale normativa
("Detrazione del 50% ai sensi dell'art. 16/bis del DPR del 22 Dicembre
1986 n. 917 e successive modifiche") e alla partita Iva della ditta
destinataria del pagamento. Ultima cosa fondamentale: conservare i
documenti per tutto il decennio della detrazione.
Luca Napolitano