07 SETTEMBRE 2017
Se per breve tempo lo è stata, la non-idoneità abitativa dell’immobile acquistato usufruendo dei benefici prima casa, non è più una ragione sufficiente per poter ripetere l’acquisto in misura agevolata di un’altra abitazione (quindi di una seconda prima casa) mantenendo al tempo stesso la proprietà di quella precedente. Detto in parole povere, non è ammesso possedere due prime case solo perché quella acquistata in passato non soddisfa più le esigenze abitative del titolare, la cui condizione nel frattempo è cambiata.
È quanto emerge da un’ordinanza della Corte di Cassazione – per l’esattezza la n. 14740 dello scorso 13 giugno – secondo la quale, appunto, il contribuente che sia già titolare di una casa non può effettuare un nuovo acquisto avvalendosi dei benefici fiscali nemmeno se dimostri che l’abitazione di proprietà è inidonea alle sue esigenze abitative. Il caso specifico riguarda una persona che ai tempi del primo acquisto non era coniugata, ma che poi, essendosi sposata e avendo avuto dei figli, si è trovata nella condizione di acquistare una casa più spaziosa, volendo però mantenere la titolarità del monolocale acquistato a suo tempo coi benefici fiscali prima casa. Ebbene, ciò non è possibile in base a quanto stabilito dai regolamenti in essere.
La legge, infatti, indica come presupposto per ottenere le agevolazioni prima casa la non titolarità (cosiddetta “impossidenza”) da parte dell’acquirente:
- del diritto di proprietà di altra casa di abitazione ubicata nel Comune in cui è situato l’immobile oggetto del nuovo acquisto;
- del diritto di proprietà di altra casa di abitazione (ovunque ubicata) acquistata con le stesse agevolazioni prima casa.
Oltretutto a decorrere dal 1° gennaio 2016, è stato ammesso l’acquisto della prima casa anche laddove non venga rispettato il secondo requisito, ovvero l’assenza di un altro immobile acquistato con l’applicazione dei benefici, a condizione però che il contribuente, entro un anno, venda/doni questo stesso immobile già in suo possesso. Quindi, nel caso in esame, per farsi applicare una seconda volta i benefici prima casa, il contribuente toccato dall’ordinanza della Cassazione avrebbe dovuto non solo acquistare l’abitazione più grande (certamente più idonea a una convivenza con coniuge e figli), ma anche vendere il monolocale precedentemente acquistato godendo degli stessi benefici. Stando così le cose, invece, il doppio possesso degli immobili impedisce di fatto l’applicazione dei benefici sul secondo acquisto, a nulla valendo il criterio della decaduta idoneità abitativa del primo immobile invocato dal contribuente.
Come anche fatto presente dal
Sole 24 Ore, la legge vigente, nel disporre l’inapplicabilità dei benefici, “punta l’obiettivo sulla mera ‘pre-possidenza’ di un’altra casa di abitazione, indipendentemente dal fatto che la casa pre-posseduta sia bella o brutta, larga o stretta, alta o bassa, nuova o vecchia, elegante o degradata, in ordine o diroccata, e così via”. In realtà c’è stato un breve periodo (dal 24 gennaio 1993 al 31 dicembre 1995) durante il quale i regolamenti sulle agevolazioni prima casa concedevano il beneficio a chi dichiarasse “di non possedere altro fabbricato o porzioni di fabbricato idoneo ad abitazione”; sussisteva però un problema di discrezionalità, nel senso che il giudizio relativo all’idoneità come alla non-idoneità abitativa del primo immobile non poteva che essere frutto di valutazioni discrezionali, non pienamente oggettive, nell’osservazione dei singoli casi, di conseguenza il legislatore ha eliminato a partire dal gennaio ’96 il criterio della non-idoneità come fattore permissivo ai fini della ripetuta applicazione dei benefici laddove si acquistasse un secondo immobile restando possessori del primo teoricamente non più idoneo.
Luca Napolitano