Soggetti passivi - Come prevedono le modifiche apportate al decreto "Salva Italia" di Monti da parte dell'articolo 9 della legge 161/2014, le persone fisiche residenti in Italia sono assoggettate all'IVAFE se detengono all'estero "prodotti finanziari, conti correnti e libretti di risparmio", indipendentemente da come siano stati acquisiti (anche se pervenute per donazione o per eredità). La formulazione originaria, infatti, ha previsto fino al 2013 una più generica, e quindi più ampia, assoggettabilità nei confronti delle "attività finanziarie" estere, ivi compresi i metalli preziosi, le partecipazioni in società estere, le polizze assicurative o i contratti derivati. Le ragioni della modifica sono da attribuire alla necessità, secondo le disposizioni della “Legge europea 2013-bis”, di introdurre un vincolo di coerenza fra il presupposto impositivo di quella che è adesso la nuova Ivafe e il presupposto della tassa di bollo dovuta su alcune attività finanziarie intrattenute in Italia. In buona sostanza, là dove la manovra del Governo Monti, e cioè ai commi 18, 20 e 21 della Legge 201/2011, prevedeva l’applicazione dell’imposta sulle “attività finanziarie” estere, adesso la legge 161/2014 interviene appunto introducendo il più circostanziato richiamo ai "prodotti finanziari, conti correnti e libretti di risparmio".
Rientrano nell'ambito soggettivo di applicazione dell'IVAFE anche i contribuenti che prestano la propria attività lavorativa all'estero in via continuativa, per i quali la residenza fiscale in Italia è determinata ex lege. In particolare le persone fisiche che: prestano lavoro all'estero per lo Stato Italiano, per una sua suddivisione politica o amministrativa o per un suo ente locale; lavorano all'estero presso organizzazioni internazionali cui aderisce l'Italia; prestano la propria attività lavorativa in zone di frontiera e in paesi limitrofi. Va ricordato che inizialmente l'entrata in vigore dell’Ivafe era stata fatta partire dal 2011, ma con le successive modifiche introdotte dalla Legge di Stabilità 2013, l'applicazione era slittata al 2012, cosicché i versamenti già effettuati per il 2011 sono stati considerati come acconti per l’Ivafe 2012.
Non sono soggette all'IVAFE le forme di previdenza complementare organizzate e/o gestite da società ed enti esteri (ad esempio il secondo pilastro in Svizzera). Non sono inoltre assoggettate alla tassa le attività finanziarie amministrate da una società residente; le polizze stipulate con assicurazioni estere operanti in Italia in regime di libertà di prestazione di servizi. Le attività scudate mediante il rimpatrio o il rimpatrio giuridico, infine, non sono attività assoggettate ad IVAFE, in quanto non sono considerate “detenute all'estero”.
Base imponibile - Il valore dei prodotti finanziari è costituito dal valore di mercato, rilevato al termine di ciascun anno solare nel luogo in cui le stesse sono detenute, anche utilizzando la documentazione dell’intermediario estero di riferimento per le singole attività o dell’impresa di assicurazione estera. Se al 31 dicembre le attività non sono più possedute, si fa riferimento al valore di mercato rilevato al termine del periodo di possesso. Per le attività finanziarie che hanno una quotazione nei mercati regolamentati deve essere utilizzato questo valore. Per le azioni, obbligazioni e altri titoli o strumenti finanziari non negoziati in mercati regolamentati e, comunque, nei casi in cui le attività finanziarie quotate siano state escluse dalla negoziazione, occorre far riferimento al valore nominale o, in mancanza, al valore di rimborso, anche se rideterminato ufficialmente. Se il titolo ha sia il valore nominale sia quello di rimborso, la base imponibile è costituita dal valore nominale. Quando, invece, manca sia il valore nominale sia il valore di rimborso, la base imponibile è costituita dal valore di acquisto dei titoli.
Determinazione dell’IVAFE - L’imposta è dovuta applicando alla base imponibile l’aliquota dell’1 per mille per il 2012, dell'1,5 per mille per il 2013, e del 2 per mille a decorrere dal 2014. L’imposta è dovuta in proporzione ai giorni di detenzione e, in caso di prodotti finanziari cointestati, alla quota di possesso. Non è prevista alcuna soglia di esenzione. Dall’imposta dovuta si detrae, fino a concorrenza del suo ammontare, un credito d’imposta pari all’ammontare dell’eventuale imposta patrimoniale versata nello Stato in cui i prodotti finanziari, i conti correnti e i libretti di risparmio sono detenuti. Il credito non può in ogni caso superare l’imposta dovuta in Italia. Non spetta alcun credito d’imposta se con il Paese nel quale è detenuta l’attività finanziaria è in vigore una convenzione per evitare le doppie imposizioni (riguardante anche le imposte di natura patrimoniale) che prevede, per l’attività, l’imposizione esclusiva nel Paese di residenza del possessore. In questi casi, per le imposte patrimoniali eventualmente pagate all’estero può essere chiesto il rimborso all’Amministrazione fiscale del Paese in cui le suddette imposte sono state applicate nonostante le disposizioni convenzionali.
Esclusivamente per i conti correnti e i libretti di risparmio detenuti nei Paesi dell’Unione Europea o nei Paesi aderenti allo SEE (Spazio Economico Europeo), l’imposta è stabilita in misura fissa di 34,20 euro (pari all’imposta di bollo attualmente in vigore in Italia), ma non è dovuta qualora il valore medio di giacenza annuo risultante dagli estratti conto e dai libretti non sia superiore a 5.000 euro; per la determinazione del limite di 5.000 euro occorre tener conto di tutti i conti o libretti detenuti all’estero dal contribuente presso il medesimo intermediario, senza considerare il periodo di detenzione del rapporto durante il periodo d’imposta. Se il conto corrente ha una giacenza media annuale di valore negativo, tale conto non concorre a formare il valore medio di giacenza.
Dichiarazione e versamenti - In dichiarazione, i dati sulle attività finanziarie detenute all’estero vanno indicati, a partire dal 2014, nel quadro RW. Precedentemente, il contribuente era chiamato a compilare la Sezione XV B del quadro RM del modello Unico - Persone fisiche, indicando il controvalore in euro degli importi in valuta. Le tempistiche di versamento ricalcano quelle dell’Irpef e della cedolare secca. Per stabilire, quindi, se per un certo anno è dovuto o meno l’acconto, occorre controllare l’importo della tassa risalente all’anno prima. Se questa non supera i 51,65 euro, l’acconto non è dovuto; se invece tale soglia viene superata, l’acconto è dovuto nella misura del 100% del suo ammontare. Va inoltre ricordata la possibilità di pagare l’acconto in due rate quando l’importo dovuto è pari o superiore a 257,52 euro. Il versamento infine non va effettuato se l'ammontare di quanto dovuto non è superiore a 12 euro, in tutti gli altri casi invece bisognerà utilizzare il Modello F24 con codice tributo 4047 per la prima rata d’acconto di giugno, 4048 per la seconda o unica rata d’acconto di novembre, e 4043 per il saldo di giugno dell’anno seguente.